Una mattina i prigionieri entrarono nel cortile dove lavoravano: il sorvegliante mancava. Alcuni di loro si misero subito al lavoro com'erano soliti, altri rimasero inoperosi guardandosi intorno con caparbietà.
Allora si fece avanti uno e disse: "Lavorate quanto vi pare, oppure non fate nulla: è la stessa cosa. Le vostre macchinazioni segrete sono state scoperte, di recente il sorvegliante vi ha spiato e nei prossimi giorni vuol pronunciare su di voi un terribile giudizio. Voi lo conoscete, è duro e vendicativo. Ora però fate attenzione: sinora non mi avete conosciuto bene: io non sono quel che sembro, ma molto di più: sono il figlio del sorvegliante e posso tutto presso di lui. Posso salvarvi, voglio salvarvi; ma, beninteso, solo quelli di voi che credono che io sono il figlio del sorvegliante; gli altri raccolgano il frutto della loro incredulità".
- "Ora", disse dopo un silenzio un anziano progioniero, "che cosa può importarti che ti crediamo o no? Se sei veramente il figlio e puoi fare quel che dici, metti una buona parola per noi tutti: sarebbe veramente molto buono da parte tua. Ma lascia stare il discorso sul credere e sul non credere!"
- "E", gridò intanto un giovane, "io non gli credo: si è solo messo in testa qualcosa. Scommetto che tra otto giorni noi ci troveremo esattamente come ora, e che il sorvegliante non sa nulla"
- "E se anche sapeva qualcosa, non lo sa più", disse l'ultimo dei prigionieri che solo allora era giunto nel cortile, "il sorvegliante è morto ora, all'improvviso."
- "Olà", gridarono tutti confusamente, "olà! Signor figlio, signor figlio, come la mettiamo con l'eredità? Siamo forse ora tuoi prigionieri?"
- "Ve l'ho detto", rispose quello dolcemente, "lascerò libero chiunque creda in me, così come è certo che mio padre vive ancora"
I prigionieri non risero, alzarono le spalle e lo lasciarono.