Alberto Moravia
ritratto di Alberto Moravia di Carlo Levi
foto da corbis.com
Probabilmente

tratto da
Una cosa è una cosa



Stamane mi sono fatto coraggio e quando il professore è entrato nel camerone per la solita visita, gli ho domandato: "Professore, secondo lei, il buon cittadino non è forse quello che partecipa alla vita pubblica studiandosi di uscire dalla studiandosi di uscire dalla sfera ristretta del proprio egoismo e cercando di essere sollecito non soltanto dei propri interessi, ma anche di quelli della collettività?"
Il professore mi conosce e spesso si compiace di parlare con me. Mi ha risposto sorridendo: "Sì, in teoria, questo dovrebbe essere il buon cittadino."
Ho incalzato: "E la pazzia, non consiste invece nel contrario, cioè nel rinchiudersi nella sfera di un egoismo così ermetico, così inaccessibile, così particolare che poi ne risulta l'incomunicabilità che appunto separa i pazzi dagli uomini normali?"
Il professore ha ammesso: "Diciamo pure che è così."
"Dunque, se io dimostro che sono un buon cittadino, cioè il contrario di un pazzo, dimostro pure implicitamente che sono guarito e che posso uscire di qui?"
"A fil di logica, sì."
"Ebbene, mi si dia carta e penna. Voglio dimostrare che sono un buon cittadino, facendo l'elenco di tutti gli abusi, le violazioni della legge e le infrazioni che ormai pullulano nella nostra vita pubblica. Ma lei, professore, deve promettermi che se l'elenco risulta esatto, lei mi restituisce alla vita normale."
Il professore non ha detto né sì né no: ma sorridendo, paterno, ha dato ordine che mi si fornisse la carta e la penna che avevo richiesto. Era una bella giornata e io mi sono ritirato lontano dai viali in cui passeggiano i pazzi, in un cantuccio del giardino della casa di cura, dove c'è un tavolo di marmo e ho buttato giù alla svelta (era un pezzo che ci pensavo) quanto segue:
"Chiunque abbia seguito le cronache dei giornali degli ultimi anni, non potrà non essersi accorto che quelli che, chissà perché, vengono chiamati delitti o crimini, ubbidivano un tempo a norme precise le quali a loro volta, senza dubbio, erano non soltanto basate sulla consuetudine ma anche consegnate nei codici in forma di disposizioni di legge. Per fare un esempio: non è possibile che la banale operazione della "patacca", sempre ripetuta nello stesso modo, con la stessa moneta di imperatore romano (per lo più Caracalla o Commodo), lo stesso compare in veste di antiquario, la stessa vittima campagnola, lo stesso luogo ossia i giardini intorno alla stazione; non è possibile, diciamo, che questa operazione non fosse praticata secondo norme legali che appunto prescrivevano che la "patacca" fosse "rifilata" in quel modo e in nessun altro; e chi non si atteneva alle regole era passibile di pena pecuniaria, o magari, addirittura, di prigione.
Avveniva cioè per la "patacca" come per tante altre operazioni, per esempio per gli assegni che vanno emessi con la propria firma e non quella di un altro e su un conto in banca realmente esistente. O come la carta moneta che non va falsificata e una volta che si sappia che è falsa, non va spacciata per vera.
Insomma i cosiddetti delitti facevano parte ovviamente, data la loro frequenza e uniformità, della vita pubblica; e come tali erano senza dubbio regolati da precise norme legali. Diciamo: senza dubbio, non perchè questa affermazione sia una nostra congettura forse infondata; ma perché trovandoci ristretti, per motivi di salute, in una casa di cura, non disponiamo dei testi indispensabili. Ma la nostra memoria ci sembra che possa bastare, specie in una materia come questa, al tempo stesso pacifica e notissima.
"Abbiamo parlato di norme legali. Ora è nostra fondata impressione che da qualche tempo queste norme vengano sistematicamente violate ad opera di esecutori interessati e privi di scrupoli. Si prenda per esempio il caso dell'assalto alle banche. La legge porescriveva che gli esecutori fossero numerosi e dovessero costituire una "banda"; che irrompessero nella banca spianando il regolamentare mitra, intimando il regolamentare "mani in alto" e avendo il volto nascosto dalla regolamentare calza femminile di seta nera. Come si vede una gragnuola, è il caso di dirlo, di disposizioni che non lasciava adito, in questa complessa materia, ad alcuna men che rigorosa applicazione. Ma cosa avviene ora? In ben cinque (li ho contati) assalti a sedi di banche, gli esecutori se ne sono infischiati della legge. Invece di essere una banda, era un individuo solo; invece del mitra, veniva spianata una comune rivoltella; invece di "mani in alto", veniva gridata, per esempio, una frase oltre tutto poco dignitosa come: "Fermo o ti faccio la pancia come uno scolabrodo"; invece della calza femminile di seta nera, si ricorreva ad un fazzoletto oppure ad un paio di occhiali da sole. A questo punto noi ci domandiamo: siamo gente civile o siamo ancora dei selvaggi, con l'anello al naso, danzanti ignudi intorno al totem, l'ascia nella mano?
"E che dire del delitto d'onore? Chi rispetta più le regole di questo delitto, regole, si badi, particolarmente venerabili perchè assise sulla base granitica della tradizione? Il padre che dopo lungo appostamento ammazzava l'amante della figlia; il fratello che nel corso di una spiegazione in luogo pubblico freddava l'amante della sorella; il marito che fulminava nel letto, insieme con il suo ganzo, la moglie infedele; dovevano, questo è scritto a chiare e perentorie lettere, a operazione ultimata, esclamare: "Giustizia è fatta"; poi andare a costituirsi al commissariato di polizia più vicino e lì dichiarare: "Arrestatemi, ho ucciso per onore." Tutto questo era altrettanto fermamente e solennemente stabilito dalla legge che, poniamo, le modalità di un testamento o quelle di un contratto di compravendita. Ma tutto questo, oggi, è semplicemente messo sotto i piedi. Oggi le cose vanno in modo che gli operatori del delitto d'onore arrivano persino a darsi alla macchia invece di costituirsi; o addirittura a pentirsi e a dichiararsi colpevoli. Eh, non c'è peggior mondo di quello in cui la legge non viene rispettata.
"Anche per quanto riguarda le mondane o passeggiatrici, il codice parlava chiaro: la mondana doveva essere matura, ossia sopra i quarant'anni; doveva avere un soprannome come, per esempio, Giovanna la Rossa, oppure Gina la Padovana; doveva tenere a pensione, in campagna, presso una famiglia di contadini, un bambino illegittimo; doveva avere nella borsetta pochi spiccioli; infine doveva essere derubata e malmenata da giovinastri motorizzati oppure da protettori inviperiti. Come si vede il buon legislatore non aveva omesso niente, aveva tutto contemplato, si era chinato con mente aperta e sgombra sulla vita sempre ribollente e sempre imprevista. Ma che ne è rimasto di questo mirabile edificio? Poco o niente: le mondane non sono anziane bensì talvolta addirittura minorenni; non hanno soprannomi ma si chiamano come tutti quanti, col nome e cognome; non hanno figli illegittimi né in campagna né in città; tengono nella borsetta non già pochi spiccioli ma somme che vanno dalle trenta fino alle cinquanta e anche alle centomila lire; infine non vengono malmenate e derubate da giovinastri motorizzati o protettori inviperiti, bensì da ragazzi di buona famiglia o da liberi professionisti. Come dire: tutto l'istituto della malavita vacilla, crolla, si infrange al suolo; e nessuno protesta."
Ho scritto un bel po', elencando minuziuosamente un'infinità di casi simili (il borsaiolo che non è, come dovrebbe essere, orfano e trovatello; il cassiere infedele che scappa con la cassa non già, come è prescritto, per raggiungere l'amante sciantosa di infimo ordine bensì per battersela con l'intera famiglia, moglie e quattro figli; il giovanissimo "mostro" che dopo aver ucciso a colpi di fucile padre, madre, fratelli e sorelle non dorme, contrariamente alla norma, di sonno profondissimo per tutta la notte, ecceterera ecceterera); e poi, per dimostrare che sapevo quel che facevo stendendo quest'elenco, ho anche buttato giù qualche considerazione di ordine generale. Tra le altre cose ho osservato: "Tutta questa materia così minuziosamente e strettamente controllata dalla legge, era in origine semplice anche se antica consuetudine. Quindi, in tempi più maturi, si sentì il bisogno di mettere ordine in questa selva e le consuetudini diventarono leggi. Ma che cosa sono le leggi se non il fondamento stesso della civiltà? Dunque difendendo le leggi, difenderemo la civiltà..."
Insomma, avrò scritto una dozzina di pagine di formato grande, senza contare le note. Il giorno dopo, quando il professore è entrato nel camerone, gli ho rimesso il fascicolo dicendo brevemente e dignitosamente: "La prego di leggere e di dirmi al più presto che cosa ne pensa."
Ho aspettato con ansietà due o tre giorni. Finalmente, una di queste mattine, il professore è entrato e aveva il mio fascicolo sotto il braccio. Me l'ha restituito e mi ha detto asciutto: "Mi dispiace, Remigio, ma non ci siamo."
"E perché non ci siamo?"
"Tu hai scambiato i luoghi comuni dei giornali per vere e proprie leggi..."
L'ho interrotto con foga: "Ma questi luoghi comuni i giornali mica se li sono inventati: sono nella realtà della vita."
"Sia pure. Comunque hai fatto una confusione tra la frequenza casuale di fatti ovviamente illeciti e straordinari e quella invece ben motivata propria di tutto ciò che è lecito e ordinario. Altra confusione: hai creduto che siccome quei fatti si verificavano in una certa maniera sempre eguale, questo voleva dire che c'erano delle leggi le quali imponevano di agire appunto in quella data maniera. Per farti un esempio calzante, non hai visto alcuna differenza tra le norme che regolano poniamo un contratto di matrimonio e i modi, talvolta violenti, coi quali il matrimonio stesso viene distrutto. Eppure una differenza c'è."
"Ma professore, lei non può negare che, se una cosa avviene frequentemente, essa ubbidisce ad una legge; e che se questa cosa riguarda la vita pubblica, la legge deve pur essere scritta in qualche luogo."
"Caro Remigio, non siamo sicuri di niente. Certe cose avvengono spesso e sempre allo stesso modo, è vero, ma noi possiamo soltanto dire che probabilmente hanno un carattere regolare e sono rette da leggi. Soltanto: probabilmente..."
"Professore, va bene: probabilmente. Ma intanto mi sembra di avere dimostrato di essere quel buon cittadino che è il contrario del pazzo."
"E allora?"
"Allora quando posso tornare a casa?"
"Anche di questo non possiamo essere sicuri, caro Remigio. Sì, probabilmente, il buon cittadino è il contrario del pazzo; ma soltanto probabilmente. Nel dubbio, converrà rimandare ogni decisione. Un giorno, poi, probabilmente..."






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