la globalizzazione vista da sinistra
La globalizzazione vista da sinistra
La globalizzazione è una questione economica, ma anche una questione politica; la sinistra sta - secondo me - erroneamente opponendovisi, nella convinzione che essa sia in contrasto con gli interessi dei paesi meno sviluppati.
Nei Quaderni Internazionalisti è stata pubblicata una dettagliata analisi1 marxista-leninista della globalizzazione; nonostante la limitatezza di tale visione, dalla sua lettura il fenomeno della globalizzazione risulta essere, al contrario di quanto si intendeva dimostrare, decisamente positivo.
definizione
nota: nel seguito tutte le citazioni sono indentate a destra (come questa sotto)
"Un processo attraverso il quale mercati e produzione nei diversi paesi diventano sempre più interdipendenti, in virtù dello scambio di beni e servizi e del movimento di capitale e di tecnologia" (OCSE)
Tale definizione è accettata dalla sinistra, che però aggiunge:
Ma nel mondo borghese la definizione prende il sopravvento e tutti quanti trattano il termine coerentemente ad una visione volgare della stessa società borghese, che viene trattata più come una fiera generalizzata, che come laboratorio sociale.5
introduzione al punto di vista della sinistra
Anche l'editorialista Peter Martin, in un dibattito con Le Monde Diplomatique (giugno 1998) non riesce ad evitare l'apologia del libero mercato capitalistico, paludandolo da nuovo umanitarismo, con toni che non possiamo rinunciare a gustare insieme con il lettore:2
"La globalizzazione costituisce un'autentica collaborazione delle società e delle culture, contrariamente alle collaborazioni fittizie dei dialoghi Nord-Sud e delle élite burocratiche. Le sue virtù sono straordinarie: ha provocato un enorme miglioramento del benessere umano nelle società che hanno saputo cogliere le occasioni che offre. Sotto il suo impulso, il potere si sposterà irresistibilmente dai paesi sviluppati al resto del mondo[..]."
Ma persino Le Monde Diplomatique, bibbia degli autonomi e dell'estrema sinistra, viene rinnegato...
conseguenze politiche
Gli Stati Uniti rappresentano ancora per la sinistra "il nemico", nonostante l'autore cerchi di evitare di entrare nel campo dell'"antiimperialismo di maniera";
Ma le implicazioni oggi sono più gravi. Non solo perché non esiste nessuno che possa prendere il posto degli Stati Uniti nella successione storica degli imperialismi7, ma soprattutto perché la rendita di cui godono gli americani non deriva dalla sopraffazione coloniale o dalla massiccia esportazione di merci verso paesi che non le producono bensì dalla pura e semplice potenza finanziaria e militare.
E come faremo adesso che nessuno può "prendere il posto degli Stati Uniti"? Contro chi combatteremo?7 Ironia a parte, questo è evidentemente una conseguenza e un merito della globalizzazione, che lo si voglia ammettere o no: esattamente il risultato che il comunismo ha cercato da sempre.
Qualunque sia il motivo del benessere degli americani, la "potenza finanziaria e militare" non costituisce in sé altro che un motivo d'invidia.
prima conclusione: la globalizzazione è antiimperialista e antiamericanista
Oggi gli Stati Uniti, in deficit commerciale cronico, rappresentano per gli altri paesi capitalisti un mercato più appetibile di quanto questi paesi non siano appetibili per le merci americane. Per questo ogni fesso può gridare in piazza, dall'opposizione, "yankee go home", ma non appena gli capiti di andare al governo deve mettersi al servizio degli USA, come ci hanno mostrato i vari D'Alema, Schröder e persino Jospin, rappresentante di una borghesia che un tempo, almeno a parole, ci teneva all'autonomia nazionale.
Citare l'autonomia nazionale come aspetto positivo è veramente retrogrado, e sicuramente è un argomento tipico della destra; comunque, ogni governo deve mettersi "al servizio" degli USA, come di qualsiasi altro paese con cui intende avere rapporti commerciali;
ne consegue (del resto, per la stessa definizione dei termini) la
II conclusione: la globalizzazione è antinazionalista
D'altronde, se questa è una grande forza di ricatto degli USA nei confronti del mondo, è anche una loro grande debolezza, perché è proprio chi sfrutta di più gli altri ad averne più bisogno. [..]
Questa integrazione obbligata e un po' paranoica tra acerrimi concorrenti fa parte della globalizzazione[..]
quest'ultima frase si commenta da sé: l'integrazione "obbligata" (dal mercato) viene giudicata come fatto negativo...(ma qual è la differenza tra integrazione economica e integrazione culturale? perché una è considerata positiva e l'altra no?)
III conclusione: la globalizzazione provoca integrazione
La politica globale, come quella interna degli stati, si svolge dunque all'insegna della democrazia di mercato, ma anche nella difesa militare della democrazia in senso politico. Ed è del tutto conseguente il ruolo della massima democrazia del mondo, gli USA, che sono chiamati a mantenere l'attuale equilibrio e ad imporre all'occorrenza la democrazia con le bombe. Tutto ciò non può non riflettersi nelle strane guerre recenti e nell'annullamento di ogni residua funzione autonoma degli organismi internazionali, a partire dall'ONU, dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale.
Viene qui citato (e equiparato all'ONU) il FMI come "organismo internazionale autonomo", che dovrebbe contrastare il potere politico-militare degli USA; ma il FMI è uno dei principali agenti della globalizzazione!(v. anche fine nota 2) ONU, FMI e Banca Mondiale potranno avere in futuro, col progredire del processo di globalizzazione, un ruolo sempre più importante.
IV conclusione: la globalizzazione limita il potere politico e militare dei singoli Stati
Il fenomeno della globalizzazione è importante perché riflette il passaggio dalla sottomissione formale alla sottomissione reale della società al capitale.
Comincia a questo punto una lunga digressione teorica che annoierebbe anche il più accanito studioso delle teorie marxiste-leniniste; ma chissà qual è la differenza fra la sottomissione formale e quella reale..
La produzione in sé stessa diventa il fine unico del Capitale, che realizza di fatto il suo dominio totale sull'intera società.
É strano che il "Capitale" sia divinizzato in tal modo proprio dai suoi oppositori; il dio Capitale non può obbligare nessuno a fare alcunché; la mia risposta a tali anticapitalisti a parole4 è semplice: il liberismo del capitalismo dà libertà totale al produttore come al consumatore: quest'ultimo ha anche la libertà di non consumare.
capitalismo di transizione
Allora, se le questioni legate al problema della globalizzazione stanno in questo modo, se cioè i capitalisti sono null'altro che inutili comparse, relegati alla loro nullità da un Capitale che li ha sostituiti con anonimi funzionari stipendiati; se inoltre oggi più che mai tutte le funzioni del Capitale sono tese ad accrescere sé stesso tramite la produzione per la produzione e non a soddisfare i bisogni dei capitalisti, allora possiamo, con la Sinistra, assumere il "tremendo" passo di Marx sulla non esistenza potenziale del capitalismo: "Questa posizione è ugualmente la proposizione della non esistenza della produzione capitalistica, e perciò della non esistenza dello stesso capitalismo industriale. Infatti il capitalismo è già fondamentalmente soppresso dalla proposizione che il godimento e non l'arricchimento sia il motivo determinante".
Bene, se è vero che la globalizzazione ha modificato fino a questo punto la funzione del Capitale, spingendolo ad "accrescere sé stesso tramite la produzione per la produzione", e ha quindi "fondamentalmente soppresso" il capitalismo, ne consegue che:
V conclusione: la globalizzazione contribuisce a sopprimere il capitalismo
tale conclusione è vera se per capitalismo si intende, come nel passo citato prima, la produzione per l'arricchimento del capitalista; la globalizzazione sta infatti esasperando la competizione fra la aziende, costringendole a "produrre per produrre", cioè investire una sempre maggior quota degli utili nell'innovazione.
Lenin definisce questa fase come "capitalismo di transizione, o più esattamente come capitalismo morente". Sono passati 83 anni e il morente è ancora vivo, anzi, sembra più potente che mai. I marxisti hanno forse sbagliato qualcosa? No, è tutto a posto: i capitalisti possono gioire di soddisfazione nel celebrare la morte del "comunismo reale", ma noi non siamo responsabili delle bestialità che dicono o a cui credono. [..] Sarebbe veramente un ingenuo immediatista chi pensasse che la rivoluzione si è fermata solo perché non si vede [..]. Siamo stati sconfitti sul campo, questo è certo [..]. Ma il comunismo è il movimento generale dell'intera società umana in tutta la sua storia verso un risultato già inscritto nel movimento stesso, quindi è insopprimibile: qualunque cosa facciano i borghesi per salvare la loro fetida società, essi non possono fare a meno di lavorare per noi.
Quindi il "lavoro" che stanno facendo i "borghesi", cioè il processo di globalizzazione, è quello che porterà l'"intera società umana in tutta la sua storia verso un risultato già inscritto nel movimento stesso".
Ecco perché
VI conclusione: il vero comunismo è la globalizzazione
apologia della globalizzazione
A questo punto, nel paragrafo Definire la globalizzazione, la lettera ai compagni ha una svolta inaspettata, cominciando una più evidente (ma mai ammessa) difesa della globalizzazione:
La rottura della condizione locale in cui vivevano i primi gruppi umani fu l'inizio della marcia verso una condizione globale dell'umanità, marcia che durò millenni e che dura tuttora. La prossima forma sociale romperà gli ultimi vincoli e realizzerà l'unione dell'uomo con la natura, dopo il necessario intervallo che vide la separazione e la contraddizione, cioè l'auto-alienazione dalla natura e l'utilizzo becero e distruttivo delle "risorse"[..]. L'immenso problema dell'ecologia, per esempio, non si può risolvere cercando soluzioni di rattoppo all'interno del sistema, bisogna uscirne. Ma questo fa parte del processo storico che porterà l'uomo a mettersi in armonia con tutto l'arco millenario passato fino a concepire il proprio futuro, cioè a progettarlo.
Per "prossima forma sociale" si intende evidentemente (se ho capito bene!) quella che seguirà alla costituzione di un'unità politica globale, che a sua volta si potrà verificare solo dopo una globalizzazione economica3; sarà quindi possibile affrontare il problema ecologico da un nuovo punto di vista, appunto globale; quindi:
VII conclusione: la globalizzazione permetterà infine di affrontare seriamente il problema ecologico
non solo, la nuova prospettiva porterà l'uomo a un maggiore interesse per il proprio futuro, e a "progettarlo" (ipotesi questa addirittura transumanista..);
VIII conclusione: la globalizzazione costituirà un cambiamento di prospettiva storica, e porterà l'uomo a progettare il proprio futuro
[..] nel primo capitolo del Manifesto, Marx tratteggia un'apologia della rivoluzione borghese in quanto liberatrice di forze produttive che tendono a generalizzarsi e che invece sono [cioè: erano] incatenate dalla vecchia forma sociale. La tendenza alla globalizzazione è quindi insita nel movimento dell'umanità lungo il percorso dal regno della necessità a quello della libertà.
IX conclusione: la globalizzazione condurrà alla libertà dell'uomo
Il termine globalizzazione quindi non può essere utilizzato solo per definire una condizione di internazionalizzazione dello scambio di merci e di capitali, un'accresciuta interdipendenza dei paesi o una facilità di elaborazione e comunicazione tramite i computer, i satelliti, le reti informatiche, ecc. La globalizzazione è certamente anche tutto ciò, ma è soprattutto molto di più: l'intero complesso del lavoro mondiale, socializzato ad un punto più alto di quanto Lenin potesse scorgere al suo tempo, rappresenta il punto cui è giunta la naturale tendenza dell'organizzazione umana a superare gli ostacoli che frenano il divenire di specie, cioè a trapassare dell'insieme di organizzazioni parziali che mettono in conflitto gli uomini tra loro, e questi con la natura, al sistema organico globale, che mette in armonia uomini e natura.
X conclusione: la globalizzazione è una tendenza naturale dell'organizzazione umana
e, similmente alla VII, ma più direttamente e chiaramente specificato:
XI conclusione: la globalizzazione metterà in armonia uomini e natura
Il fatto che il modo di produzione attuale traduca questi enormi risultati in crisi, conflitti economici, guerra e sofferenza umana non deve occultare l'enorme passo che l'umanità compie verso la sua propria emancipazione.
Possiamo concludere con questa frase epica il paragrafo più strano della lettera ai compagni; essa è la dimostrazione che l'autore di questo passo ha colto la questione fondamentale che la globalizzazione pone: quella di una crisi localizzata e momentanea che porterà l'umanità verso un futuro in altro modo irraggiungibile.6
contro la globalizzazione
Nei paragrafi seguenti, la globalizzazione viene decisamente messa in secondo piano da questioni come la finanziarizzazione, la produzione nelle multinazionali, lo sviluppo del capitalismo, i monopoli, ecc., spesso partendo dai dati addirittura precedenti all'industrializzazione, ma senza giungere poi ad alcuna conclusione di rilievo quando si tratta la situazione attuale. Solo negli ultimi paragrafi, quando si ricomincia a discutere di politica economica del FMI, di crisi asiatiche e regolamentazione del libero mercato, il discorso ridiventa interessante.
"La maggior parte di coloro che pensano che la globalizzazione sia complessivamente una buona cosa non sono degli ideologi ma dei pragmatici. Credono che, per la maggior parte delle attività economiche, il mercato porti a risultati più efficaci e ad una maggiore prosperità di quanto non faccia il controllo governativo. Ma anche i più ardenti partigiani del libero mercato auspicano un ruolo per lo Stato: quello di fissare un quadro di regole che permettano ai mercati di svilupparsi".
Ciò introduce bene il problema della regolamentazione dei mercati:
prima di tutto è necessario distinguere tra globalizzazione economica e finanziaria; le crisi dell'est asiatico (come pure del Messico e della Russia) citate prima sono conseguenze della globalizzazione finanziaria e delle speculazioni (soprattutto valutarie); una possibile soluzione è la cosiddetta Tobin Tax, la proposta di James Tobin (premio Nobel 1981 per l'economia) di applicare una tassa internazionale uniforme su tutte le operazioni di conversione in valuta; il difetto fondamentale8 che ne ha finora impedito l'applicazione è che essa aumenterebbe anche il costo di transazioni finanziarie "normali" e che ciò potrebbe condannare all'estinzione dei piccoli ma significativi segmenti di mercato.
Una possibile soluzione che si può proporre è quella presentata in The Digital Silk Road9.
Altri problemi più specifici (e argomentazioni molto più produttive) riguardo alla globalizzazione possono essere individuati nel documento Fattori dinamici per interpretare l'economia globale: riporterò e commenterò qui solo quelli che ritengo più interessanti;
nuovi mercati
La liberalizzazione che porta a nuovi mercati spesso soggiace all'applicazione della forza contrattuale. Questa forza è sfavorevole ai più deboli [..] e spinge verso l'aumento del divario nord-sud del mondo.
l'aumento del divario nord-sud non è in sé un male, se comunque per il "sud" si verifica un miglioramento delle condizioni; la forza contrattuale spinge i più deboli ad accettare condizioni globalmente poco favorevoli, ma localmente convenienti; questo è un principio del mercato ed è razionalmente il più giusto possibile;
Molti pensano che i prodotti dei paesi poveri siano concorrenziali e levino quote di mercato, diminuendo il benessere dei paesi ricchi.
In maniera sorprendentemente obbiettiva, vengono considerate anche le possibili conseguenze negative per i paesi più sviluppati; non è necessario chiedersi se l'affermazione sia vera o meno: in entrambi i casi la liberalizzazione deve permettere ai paesi poveri di esportare i propri prodotti; questo è quello che si intende (o si deve intendere) per globalizzazione.
nuove tecnologie e mezzi di comunicazione
La tecnologia delle telecomunicazioni è difficile da "copiare" da parte dei paesi poveri. Il costo delle telecomunicazioni diminuisce dunque più velocemente per i paesi ricchi rispetto a quelli poveri.
Come per il punto precedente, l'aumento del divario non è in sé un male..
Ci si può domandare se l'effetto positivo sui paesi poveri derivato dal miglioramento delle telecomunicazioni sia maggiore dell'effetto negativo derivato dall'avanzamento maggiore nella tecnologia da parte dei paesi ricchi.
perché mai l'"avanzamento nella tecnologia dei paesi ricchi" dovrebbe avere un effetto negativo su quelli poveri?
la cultura globale
I paesi ricchi hanno i mezzi per inondare i paesi poveri, in quantità e qualità, con messaggi che avvalorano il proprio modello, ponendo in secondo piano gli aspetti degli altri modelli economici e culturali.
L'appiattimento culturale si verifica già, continuamente, all'interno di tutti i paesi in cui è presente almeno la televisione; la difesa dell'identità culturale è una scelta che può essere attuata sia da chi propone che da chi subisce il modello.
mercato del lavoro ed immigrazione
La globalizzazione permette la mobilità della forza lavoro: si vuole sfruttare le risorse dei paesi poveri incrementando il divario nord-sud senza però subirne poi l'immigrazione?
Questo è un problema fondamentale, la cui soluzione deve essere necessariamente una libertà della forza lavoro identica a quella dei capitali.
Solo in questo modo verrà applicato il principio del libero mercato e massimizzato il profitto globale; nel caso contrario si potrà parlare realmente di "sfruttamento" dei paesi poveri; la difficoltà pratica delle migrazioni costituisce però anche il limite alla teoria della globalizzazione.
mercato del lavoro e robotizzazione
Robotizzazione del lavoro significa che servono meno lavoratori, ma più qualificati, per controllare i robot che producono determinati beni e servizi. Questo porta verso la società "20/80", così detta perché caratterizzata da un 20% della popolazione che produce tutti i beni e servizi necessari, mentre il restante 80% rimane disoccupato.
Questo è un argomento legato più allo sviluppo tecnologico che alla globalizzazione; rappresenta bene però il periodo di transizione che questa costituisce; secondo questa ipotesi il rapporto "20/80" si dovrebbe modificare gradualmente fino ad annullare la necessità di lavoratori. Evidentemente ciò potrà accadere solo quando anche le attività creative saranno automatizzate (IA); fino ad allora la robotizzazione non avrà praticamente nessun effetto sociale.
le multinazionali e le scelte sociali
Le multinazionali hanno potere contrattuale elevatissimo, e quando i loro interessi di profitto si scontrano con interessi sociali, possono riuscire a prevalere.
Anche in questo caso vale quanto detto per i nuovi mercati: il potere contrattuale spinge (ma non costringe) i lavoratori ad accettare condizioni globalmente poco favorevoli, ma localmente convenienti. Ciò sarebbe giusto dal punto di vista etico - oltre che razionale - in condizioni teoriche di "lavoratori-oggetto" per i quali il luogo geografico di lavoro fosse indeterminante.
conclusioni
Da questa limitata analisi, basata su pochissimi documenti, risulta che
la globalizzazione è un fenomeno che presenta principalmente quattro aspetti:
economico | positivo in tutte le sue conseguenze |
politico | positivo in tutte le sue conseguenze |
finanziario | negativo fino a quando non si attuerà una regolamentazione del mercato valutario
(es. Tobin Tax)
|
culturale | ambivalente; lo scambio culturale è allo stesso tempo produttivo e pericoloso
per la perdita di identità che può comportare |
Queste non sono conclusioni definitive: la cosa certa è che l'opposizione della sinistra comunista, dal dettagliato e complesso documento che è la lettera ai compagni esaminata, risulta
incoerente con le stesse argomentazione sostenute:
se la globalizzazione - nei suoi aspetti economici e politici - presenta aspetti negativi, non si tratta di quelli che in essa sono stati presentati.
risposta ai compagni
Quando tra gli stessi borghesi incominceranno ad apparire elementi non più in grado di sopportare questa loro insulsa condizione, appariranno anche i primi transfughi di classe. Come dice Marx nel Manifesto, essi daranno, insieme con la ricomparsa dello scontro di classe frontale, il segnale sicuro che la rivoluzione sociale si è messa nuovamente, e forse definitivamente, in moto.
Ebbene, i transfughi di classe sono arrivati, e io sono uno di questi: peccato che, non essendo mai stato un borghese, la mia fuga si è verificata in senso opposto..
outro
I differenti livelli degli interessi umani possono trovare un'efficace rappresentazione grafica in un diagramma spazio-tempo: ogni punto corrisponde ad un essere umano, di cui individua l'ampiezza degli orizzonti di spazio e di tempo abbracciati. La maggior parte degli uomini ha interessi e prospettive che si addensano nell'area in basso a sinistra [tempo di giorni e spazio della propria famiglia][..]. Altri uomini hanno una problematica più ampia e gli stimoli da cui sono mossi abbracciano l'intera comunità di cui fanno parte; allo stesso tempo, le azioni che essi compiono si proiettano in un futuro non di giorni, ma di settimane o di anni[..]. In generale, una persona deve essere riuscita a risolvere con successo i problemi relativi a un'area ristretta del diagramma prima di poter passare ad un'area successiva più estesa[..].Oggi si fa strada la consapevolezza che la maggior parte degli obbiettivi individuali e nazionali possono alla fine venire frustrati dalle tendenze di lungo termine di fattori globali.
I limiti dello sviluppo, 1972, ed. Biblioteca della EST, p.28
note
- tratto da Quaderni Internazionalisti, 27 ottobre 1999, Lettera ai compagni n.40, pp. 1-34
- Nel seguito, ancora a proposito di Le Monde Diplomatique si dice:
Sono un buon esempio [dell'antiimperialismo di maniera] i moralisti socialisteggianti che gravitano attorno a Le Monde Diplomatique. Essi vivono nella lagna perpetua e sostengono che il risultato pratico della globalizzazione è una Géopolitique du Chaos dove diventa più agevole lo spadroneggiamento dell'America e del Fondo Monetario Internazionale[..].
- v. ad es. CEE e poi UE;
- non si tratta in questo caso di una vana provocazione, ma di una proposta reale, che costituisce anche il mio modo personale di interpretare l'anticapitalismo, con reali e radicali prese di posizione riguardo al "consumo" di determinati beni;
- credo comunque che questa precisazione sia superflua, visto che
- la società non è un laboratorio sociale (come non è una fiera)
- pensare che "tutti quanti" trattino il termine secondo la visione "borghese" equivale a generalizzare e trattare la società come una fiera di ignoranti;
- v. anche Ecologia Comparata,par. 4.1.3, di Eric Drexler e Mark Miller:
Le variazioni nel mercato umano sono spesso il risultato dell'invenzione e della progettazione di persone che possono decidere insiemi coordinati di cambiamenti non necessariamente continui. Gli investitori in un mercato possono prevedere futuri successi malgrado un'attuale situazione di fallimento, e investire nell'attraversamento di una "vallata" per raggiungere una "collina" più alta. Ricompensando gli investitori di successo, i mercati selezionano quelle entità che possono facilitare questi grandi "salti".
- la frase può essere interpretata in due modi:
- gli USA non sono più in grado di sostenere una posizione imperialistica e nessun'altro può farlo;
- gli USA sono ancora in una posizione imperialistica e nessuno li può sostituire;
mi è sembrata più probabile la prima, non essendoci nessun motivo per voler sostituire un paese imperialista con un altro; comunque, nel secondo caso, potremmo dire che solo la globalizzazione potrebbe permettere ad un paese (ad es. all'UE) di raggiungere il livello di sviluppo degli USA, certo non una chiusura dei mercati.
- la questione della Tobin Tax è ovviamente molto complessa; alcuni link che ne prendono in considerazione i problemi sono:
-
"Existing and proposed mechanisms for digital money all require large overhead to transfer money between parties. This overhead makes them unsuitable for extremely low cost activities, such as delivering and routing packets. The digital silk road is a proposed money system with extremely low transaction cost built into the communication protocols. The money introduced by this system is much more like coins than like bank accounts; it supports only small transactions, requires limited trust among the participants, and requires no central bank."