sull'etimologia
Giacomo Devoto, Avviamento alla etimologia italiana, cit. nel progetto Bitches and mice
meloV: frase musicale; canto; canto lirico; canzone; carme; melodia; musica; poesia; ta melh: poesia lirica; en melei: a tono, convenientemente; para meloV: contro il tono, la melodia; sconciamente; disadatto;
drama: azione; fatto; faccenda; affare; negozio; ministero; ufficio; - azione teatrale; dramma; spettacolo; tragedia;
melodramma : composizione drammatica, generalmente in versi, musicata e cantata;
melodrammatico : aggettivo :
lirico :
amore melodrammatico: aspetti del linguaggio
La particolare natura linguistica del sentimento amoroso deriva fondamentalmente dall'ossessione che il soggetto ha per l'essere amato, che lo costringe a pensare continuamente a lui, a cercare tutti i modi in cui può mettersi in relazione con lui, a tutto quello che gli vuole comunicare.funzione fàtica della musica: periodizzazione del tempo - tre analogie
Innumerevoli società, passate e presenti, concepiscono il rapporto fra la lingua parlata e il canto sul modello del rapporto fra continuo e discontinuo. Ciò equivale a dire, infatti, che in seno alla cultura il canto differisce dal parlato come la cultura differisce dalla natura.
Claude Lévi-Strauss, Il crudo e il cotto, Ouverture
linguistica
In lingustica si parla di funzione fàtica o di contatto, quando il messaggio, privo di autentica carica informativa e referenziale, serve essenzialmente per stabilire, prolungare, mantenere o anche riattivare la comunicazione.
Sono da considerare essenzialmente fàtici i convenevoli e gli enunciati di cortesia che si producono nelle comuni interazioni verbali (ad es. "ciao, come va?"), gli attacchi di conversazione, in particolare quelli con cui si dà inizio ad una telefonata, le formule rituali e vuote di significato come "ho capito", da intendere alla stregua di un segnale fàtico che significa "ti sento, continua pure".
La funzione fàtica è quindi orientata sul canale, quasi a verificare che il circuito comunicativo sia sempre funzionante e a prevenire una situazione di silenzio, che il parlante avverte come inusuale e anomala; il termine è stato ripreso da Jakobson da Malinowski, il quale per primo in etnologia ha parlato di phatic communion in riferimento all'uso che le società "primitive" fanno della lingua: mentre nelle società sviluppate la lingua è uno strumento del pensiero, in quelle comunità essa costituisce anche una forma di "attività".
Mito e opera musicale costituiscono dei linguaggi che trascendono il piano del linguaggio articolato, pur richiedendo, come questo, una dimensione temporale per manifestarsi.
Ma questa relazione al tempo rivela una natura abbastanza singolare: è come se musica e mitologia avessero bisogno del tempo solo per infliggergli una smentita: esse sono entrambe macchine per sopprimere il tempo.
Al di sotto dei suoni e dei ritmi, la musica opera su un terreno grezzo, che è il tempo fisiologico dell'ascoltatore (tempo diacronico, in quanto irreversibile), di cui essa però tramuta il segmento che fu dedicata ad ascoltarla in tempo sincronico (reversibile).
L'ascolto dell'opera musicale ha quindi immobilizzato il tempo che passa: ascoltando la musica e mentre l'ascoltiamo, noi accediamo a una specie di immortalità; dall'altro lato, ha reso ripetibile l'esperienza di quel tempo, di quell'istante. In entrambi i casi, ha negato il tempo.
La musica opera per mezzo di due trame: una fisiologica, quindi naturale, la cui esistenza dipende dal fatto che la musica sfrutta i ritmi organici, e che rende così pertinenti certe discontinuità che rimarrebbero altrimenti sommerse dalla durata. L'altra trama è culturale, e consiste in una scala di suoni musicale, il numero e gli intervalli dei quali variano a seconda delle culture.
Come per il mito, l'intento della musica si attualizza attraverso l'ascoltatore e per opera sua: in entrambi i casi si verifica infatti la stessa inversione fra mittente e ricevente, poiché in fin dei conti è il secondo che scopre il significato del messaggio del primo: la musica vive se stessa in me, io mi ascolto attaverso di essa. La musica è un linguaggio al tempo stesso intellegibile e intraducibile.
Infine, le sue due trame, esterna o culturale, e interna o naturale, si sdoppiano:
quella esterna, formata dalla scala degli intervalli e dai rapporti gerarchici tra le note, rinvia a una discontinuità virtuale, quella dei suoni musicali, che in se stessi sono già oggetti integralmente culturali (per il fatto di opporsi ai rumori, unici dati naturali); simmetricamente, quella interna, d'ordine cerebrale, è rafforzata da una ancora più integralmente naturale: i ritmi fisiologici, della respirazione, del cuore, ecc..
Nella musica quindi, la mediazione fra natura e cultura, che si compie in seno ad ogni linguaggio, diviene una ipermediazione: gli ancoraggi sono rafforzati da entrambe le parti.
Situata al punto di incontro di due ambiti, la musica va molto al di là dei limiti raggiunti dalle altre arti. Tanto dal lato della natura che da quello della cultura, essa osa spingersi più lontano delle altre.
Si spiega così nel suo principio il potere straordinario che la musica ha di agire simultaneamente sullo spirito e sui sensi, di mettere in moto le idee e al tempo stesso le emozioni, di fonderle in una unica corrente.
Secondo Claude Lévi-Strauss, il termine "funzione fàtica", pur non essendo rigorosamente applicabile alla musica, presenta molte analogie con il suo utilizzo in linguistica:
la musica popolare nella sua forma collettiva (canto corale, canto di accompagnamento della danza), la musica da camera e le altre forme di musica in cui mittente e destinatario si trovano in stretta interazione, rappresenterebbero una funzione fàtica "soggettivata": la musica costituisce la forma di contatto diretto fre esecutori e fruitori, poco distinguibili l'uno dall'altro.
Altre forme di musica avrebbero prevalentemente funzioni diverse: conativa per la musica da ballo o militare, cognitiva per quella da teatro o da concerto; metalinguistica, referenziale o poetica le forme di composizione orientate rispettivamente al codice (Bach), al messaggio (Beethoven) o al mito (Wagner): le prime esplicitano e commentano nei loro messaggi le regole del discorso musicale, le seconde raccontano, e le ultime codificano i loro messaggi a partire da elementi che appartengono già all'ordine del racconto.
La funzione fàtica alla quale invece io faccio riferimento si situa ad un livello più basso e fondamentale, ed è indipendente dalla forma di musica: rappresenta il contatto periodico con l'asse temporale, quello che Barthes chiama il produrre del ritmo * , una giustificazione al trascorrere del tempo.
In questo senso musica e canto si oppongono al parlato come il discontinuo al continuo: è significativo che è il parlato, pur essendo costituito da elementi molto più definiti e formalizzati (fonemi, lessemi, morfemi) e quindi facilmente distinguibili, ad essere associato al mitema continuo; mentre canto o musica, superficialmente percepibili come "opera", come continuum, sono associati ad discontinuo.
intelligenza artificiale
Un approccio tecnico-scientifico alla questione della musica è il chiedersi perché essa provoca piacere: qual è la funzione della musica?
In Music, Mind, and Meaning, Marvin Minsky considera alcune ipotesi:
la musica permette, in una prima fase, di apprendere e sviluppare metodi per il confronto di intervalli, distanze, misure temporali, allo stesso modo in cui attraverso molti dei giochi tradizionali si apprendono le caratteristiche dello spazio fisico;
in seguito, l'ascolto della musica permette di acquisire nuovi metodi di ascolto: si tratta di un meta-apprendimento, di "apprendere ad apprendere"; in questa fase vengono utilizzate e riattivate molte delle passate conoscenze personali;
infine, il piacere può essere indiretto, e nascere da una forma di ascolto più passiva: "When thoughts are painful we have no way to make them stop: sometimes we use music as a trick to misdirect our understanding of the world."
musica, tempo, amore