Ciò che qui si è potuto dire dell'attesa, dell'angoscia, del ricordo.. non è mai altro che un modesto supplemento offerto al lettore affinché se ne impossessi, vi aggiunga del suo, ci tolga ciò che non gli serve e lo passi ad altri; questa è l'operazione che io stesso ho attuato, a partire dai Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes.
Le figure (lemmi) prendono rilievo a seconda che, nel discorso che si sta facendo, si possa individuare qualcosa che è stato letto, sentito, provato.
L'innamorato sa soltanto che ciò che gli passa per la testa nel tal momento è segnato [ * ], come il marchio di un codice;
così la figura prende le mosse da una certa cadenza di linguaggio (una sorta di versetto, un refrain, una canzone) che l'articola nell'ombra; in essa c'è qualcosa dell'"allucinazione verbale" [ Freud, Lacan ]: frase troncata che il più delle volte si limita alla sua parte sintattica ("sebbene tu sia..", "se tu dovessi ancora.."); oppure, singolo aggettivo che denota una certa situazione ("stanco" [ + ]), avverbio ("perché" [ + ])...
Per tutta la durata della vita amorosa, le figure spuntano nella mente del soggetto senza un qualsiasi ordine, dato che esse dipendono ogni volta da un caso (interiore o esteriore). Ad ogni accidente (che gli "cade" addosso [ lat. ad-cadere ] ) l'innamorato attinge dalla riserva, dal "tesoro" di figure, secondo i bisogni, le esigenze o i piaceri del suo immaginario;
l'innamorato parla mediante gruppi di frasi, ma non integra queste frasi a un livello superiore, a un'opera.
sulla metafora
[..] la metafora si fonda sull'intuizione di rapporti logici fra un dato campo e altri campi, nell'insieme dei quali, semplicemente, essa reintegra il primo, quantunque il pensiero riflessivo si ostini a separarli. Anziché aggiungersi al linguaggio alla maniera di un abbellimento, ogni metafora lo purifica e lo riconduce alla sua materia prima, cancellando, per un istante, una delle innumerevoli sineddochi di cui è fatto il discorso.Claude Lévi-Strauss, Il crudo e il cotto, parte quinta, III
abbraccio: per il soggetto, il gesto dell'abbraccio amoroso sembra realizzare, per un momento, il sogno di unione totale con l'essere amato.
abito: ogni fenomeno emotivo suscitato o alimentato dal vestito che il soggetto ha indossato in occasione dell'incontro amoroso o che indossa nell'intento di sedurre l'oggetto amato.
"..io devo rassomigliare a chi amo, faccio il maggior numero possibile di cose come l'altro. Io voglio essere l'altro, voglio che lui sia me [ +, + ], come se noi fossimo uniti."
adorabile: non riuscendo a precisare la specialità del suo desiderio per l'essere amato, il soggetto amoroso non trova di meglio che questa parola: adorabile!
È il ricordo di che cosa? di ciò che i Greci chiamavano la cariV: "lo splendore degli occhi, la bellezza luminosa di un corpo, il fascino dell'essere desiderabile"
You're like solar flair
In the rising sun
(New order, Vicious streak)
esprimendo tutto, "adorabile" esprime anche ciò che manca al tutto; la parola vuole designare lo spazio dell'altro in cui viene specialmente a innestarsi il mio desiderio, ma questo spazio non è designabile; io non saprò mai niente di lui; il mio linguaggio sarà sempre confuso, e io non potrò mai produrne altro che una parola vuota;
adorabile vuol dire: questo è il mio desiderio, in quanto esso è unico: "È questo! é esattamente questo, che io amo!" Tuttavia, più provo la specialità del mio desiderio, meno sono in grado di precisarla; alla precisione di ciò che voglio dire corrisponde uno sfocamento del nome; il proprio del desiderio non può produrre altro che un improprio dell'enunciato;
una buona traduzione di "adorabile" sarebbe l'ipse latino: proprio lui in persona [ o meglio ancora, il nome proprio ]
affermazione: nonostante tutto, il soggetto amoroso afferma l'amore come valore
Malgrado le difficoltà della mia vicenda, malgrado i disagi, i dubbi, le angosce, malgrado il desiderio di uscirne fuori, dentro di me non smetto di affermare l'amore come un valore
All of these insurmountable tasks
That lay before me
All of the firsts and the definite lasts
That lay in store for me
There was a time
When all on my mind was love
Now I find that most of the time
Love's not enough in itself
Consequently, I've a tendency to be unhappy
(DM - Love, in itself)
"che hai? tu non mi sembri felice - Sì, sono felice, ma sono triste"
(Pelléas et Mélisande , Claude Debussy)
Vi sono due affermazioni dell'amore. Innanzitutto, quando l'innamorato incontra l'altro, c'è l'affermazione immediata [ 26-1-02: immediato non vuol dire istantaneo, ma non-mediato ] (psicologicamente: estasi, entusiasmo, esaltazione, proiezione folle d'un avvenire appagato). A tutto questo fa seguito un lungo tunnel: è il momento della passione triste; da questo tunnel, tuttavia, posso uscire: ciò che ho affermato una prima volta, posso affermarlo nuovamente, senza ripeterlo, poiché ciò che affermo è l'affermazione, non la sua contingenza [ v. dedica: "se l'hai già letta, forse è inutile ripeterla": esattamente riaffermata senza averla ripetuta ]: affermo il primo incontro nella sua differenza, voglio il suo ritorno, non la sua ripetizione.
alterazione: produzione breve, nel campo amoroso, d'una controimmagine dell'oggetto amato. Sulla base di episodi trascurabili o di minimi connotati, il soggetto vede l'immagine buona alterarsi improvvisamente e rovesciarsi;
Si direbbe che l'alterazione dell'Immagine si produca quando io ho vergogna per l'altro; un gesto, una parola, un oggetto, un vestito, qualcosa d'insolito che emerge da una regione di cui non avevo mai sospettato l'esistenza, e che bruscamente unisce l'oggetto amato a un mondo piatto.
La brutta Immagine non è un'immagine cattiva: è un'immagine meschina: essa mi fa vedere l'altro preso nel conformismo del mondo sociale;
Spesso l'altro si altera attraverso il linguaggio; egli dice una parola diversa e subito sento tumultuare minacciosamente un mondo completamente diverso, che è poi il mondo dell'altro; [ es. parlando al cellulare ]
attraverso una parola che gli scappa, l'altro fa udire i linguaggi che egli può prendere in prestito, e che di conseguenza degli altri gli prestano [ gli hanno già prestato ].[ v. il titolo del par. 3, su Albertine di Proust, omissis ]
amore: come può mancare una definizione dell'amore?
Quindi, non rispondo quasi a nulla di quello che hai scritto, tranne questo: l'amore non è mai un sentimento unilaterale, ma è sempre uno scambio fra due persone che vogliono (quanto meno in linea di principio) condividere il proprio "io" con qualcuno che sarà sempre e comunque "altro". Quindi, al più, il tuo non è amore, ma innamoramento nei confronti di un ideale di persona; in quanto tale, l'innamoramento comporta egoismo e pretesa di attenzioni, cure e disponibilità superiori alla norma, ma non implica comunque l'esistenza di una corrispondenza con l'altro.
βλ
ascesi: sia che si senta colpevole nei confronti dell'essere amato, sia che voglia impressionarlo mostrandogli la sua infelicità, il soggetto amoroso abbozza una condotta ascetica di autopunizione [ ma anche: concentrazione, determinazione, forza di volontà ]
l'ascesi è rivolta all'altro: voltati, guardami, renditi conto di cosa stai facendo di me [ il discorso vale anche in senso positivo (unfolding *) ]. É un ricatto morale: io metto di fronte all'altro la figura della mia propria scomparsa [ * ], quale essa sicuramente avrà luogo se lui [lei] non cede;
assenza: ogni episodio di linguaggio che mette in scena l'assenza dell'oggetto amato - quali che siano la causa e la durata - e tende a trasformare questa assenza in prova d'abbandono
Mi trovo incastrato fra due tempi: il tempo della referenza e il tempo dell'allocuzione: tu te ne sei andato (della qual cosa io soffro), tu sei qui (giacché io mi rivolgo a te). Ecco allora cos'è il presente: un tempo difficile, un pezzo di angoscia pura.
L'assenza si protrae e bisogna che io la sopporti. Io devo perciò manipolarla: trasformare la distorsione del tempo [ * ] in un movimento di va e vieni, produrre del ritmo, aprire la scena del linguaggio;
l'assenza diventa una pratica attiva, un affaccendamento (che m'impedisce di fare altro).
atopoV : il soggetto amoroso riconosce l'essere amato come atopoV, cioè inclassificabile, dotato di una originalità sempre imprevedibile [ originalità unica, non necessariamente imprevedibile: lei è la perfezione assoluta, ciò che dovrebbe essere; quindi è spesso prevedibile, solo a volte migliore di quello che mi aspetto ]
Essendo atopico l'altro fa tremare il linguaggio: non si può parlare di lui, su lui; qualsiasi attributo è falso, doloroso, goffo, imbarazzante: l'altro è inqualificabile (questo sarebbe il vero significato di atopoV)
la vera originalità non è né in me né nell'altro, ma nella nostra stessa relazione [ in questo caso forse: anche in entrambi ]; ciò che bisogna conquistare è l'originalità della relazione. La maggior parte delle ferite d'amore me le procura lo stereotipo: io sono costretto, come tutti, a far la parte dell'innamorato: ad essere geloso, trascurato, frustrato, come gli altri. Ma quando la relazione è originale, lo stereotipo viene sconvolto, superato, e la gelosia, ad esempio, non ha più luogo d'essere, in questo rapporto senza luogo, senza topoV.
attesa: tumulto d'angoscia suscitato dall'attesa dell'essere amato in seguito a piccolissimi ritardi (appuntamenti, telefonate, lettere,..)
L'attesa è un incantesimo: io ho avuto l'ordine di non muovermi;
l'essere che io aspetto non è reale: "io lo creo e lo ricreo continuamente a cominciare dalla mia capacità di amare, a cominciare dal bisogno che ho di lui" [ Winnicot ]; l'altro viene dove io lo sto aspettando, là dove io l'ho già creato. E, se lui non viene, io lo allùcino: l'attesa è un delirio.
capire: sentendo improvvisamente l'episodio amoroso come un groviglio di motivazioni inspiegabili e di situazioni senza vie d'uscita, il soggetto desidera capire che cosa gli sta capitando.
Che cosa penso dell'amore? In fondo, non penso niente. Certo, vorrei sapere che cos'è,
Still I couldn't say with precision
Know it's a feeling and it comes from above
But what's the meaning, the meaning of love?
(DM, The meaning of love)
Se anche continuassi a discettare sull'amore per un anno intero, potrei soltanto sperare di riuscire ad afferrare il concetto "per la coda": flashes, formule, espressioni ad effetto sparse nol copioso fluire dell'Immaginario; mi trovo nel posto sbagliato dell'amore, che è poi il suo punto più in vista.
il punto più in ombra, si trova sempre sotto la lampada
(proverbio cinese, cit. in Fragment d'une grande confession, Theodor Reik)
un'interpretazione: "voglio capirmi" può essere: "voglio farmi capire, farmi conoscere, comprendere"; [ l'etimologia di "comprendere" è: prendere-con, prendere-insieme; quindi, "voglio che qualcuno mi prenda con sé" ]
But at the end of it all
She will understand me
(DM, Somebody)
catastrofe: crisi violenta durante la quale il soggetto, sentendo la situazione amorosa come un vicolo cieco, una trappola da cui non potrà mai più uscire, si vede destinato a una totale distruzione di sé [ *, * ]
La catastrofe amorosa s'avvicina forse a ciò che, nel campo psicotico, è stata definita una situazione estrema, la quale è una situazione che il soggetto vive conscio del fatto che essa finirà col distruggerlo irrimediabilmente;
io mi sono talmente trasfuso nell'altro che, quando esso mi venisse a mancare, non riesco più a riprendermi, a recuperarmi: sono perduto per sempre.
colpa: in un qualsiasi episodio trascurabile della vita d'ogni giorno, il soggetto crede di aver mancato nei confronti dell'essere amato e prova per questo un sentimento di colpevolezza.
Ogni dolore, ogni infelicità, sono stati falsati da un'idea di torto, di colpa: il dolore è stato privato della sua innocenza. L'amore-passione (il discorso amoroso) soccombe senza posa di fronte a questa falsificazione. E tuttavia, in quest'amore vi sarebbe la possibilità di un dolore innocente, d'una infelicità innocente; in quel caso, non metterei in causa ciò che mi strazia e anzi potrei persino approvare la sofferenza.
But through the pain and the suffering
Through the heartache and trembling
I feel loved
(DM, I feel loved)
compassione: il soggetto prova un sentimento di compassione nei riguardi dell'oggetto amato ogni volta che lo vede, lo sente o lo sa infelice o minacciato da qualcosa che è estraneo alla relazione amorosa in sè [ * ]
proprio mentre m'identifico "sinceramente" nell'infelicità dell'altro, ciò che vedo in questa infelicità è che essa si manifesta senza di me e che, essendo infelice di per sé, l'altro mi abbandona: se egli soffre senza che io ne sia la causa [ e, soprattutto, senza chiedermi aiuto ], vuol dire che per lui io non conto.
comportamento: figura deliberativa: il soggetto amoroso si pone con angoscia dei problemi di comportamento che (il più delle volte) sono futili: che fare davanti a tale alternativa? come agire?
o hai qualche speranza, e allora agisci; oppure non ne hai, e allora rinunci. Questo è il discorso del soggetto "sano"; o una cosa o l'altra. Ma il soggetto amoroso risponde: provo a infilarmi fra i due elementi dell'alternativa; in altre parole: io non ho alcuna speranza, ma tuttavia.. [ ovvero: decido razionalmente di decidere in maniera irrazionale ] o anche: scelgo ostinatamente di non scegliere; scelgo la deriva: io continuo.
da me, soggetto amoroso, tutto ciò che è nuovo, tutto ciò che può turbare, viene accolto non come un fatto, ma come un segno che bisogna interpretare [ * ].
La mia stessa risposta diventerà un segno che l'altro interpreterà fatalmente, scatenando, fra me e lui, un tumultuoso intrecciarsi di immagini. Tutto ha un significato. [ Insignificante, Moravia: la moglie del protagonista diventa "insignificante", è finito l'amore; causa ed effetto ]
contatto: la figura fa riferimento ad ogni discorso interiore suscitato da un contatto furtivo con il corpo (e più precisamente con la pelle) dell'essere amato.
mani che si stringono, ginocchio che non si sposta, braccio allungato.. nel campo amoroso non vi è acting-out: nessuna pulsione, forse neanche nessun piacere, ma solo dei segni, solo una travolgente attività di parola: ad ogni occasione furtiva, dar vita al sistema (paradigma) della domanda e della risposta.
cuore: questa parola serve per moti e desideri d'ogni genere, ma ciò che è costante è che il cuore - negato o rifiutato che sia - vuole essere un oggetto di dono [ anche reale; * ]
deadlock: situazione nella quale il soggetto amoroso si trova bloccato a causa di un evento da lui stesso prodotto, e che ha messo (o lasciato) l'oggetto amato in condizione di non poter rispondere, non poter proseguire o comunque non poter modificare la situazione stessa.
dedica: episodio di linguaggio che accompagna ogni regalo amoroso, sia esso reale [ *, * ] o progettato, e, più in generale, effettivo [ *] o interiore, per mezzo del quale il soggetto dedica qualche cosa all'essere amato
il regalo amoroso viene cercato, scelto e comperato [ o anche: creato, * ] in uno stato di grande eccitazione - un'eccitazione tale che essa sembra appartenere alla sfera del godimento. Io valuto attivamente se quell'oggetto sarà bene accolto, se non deluderà, o se, al contrario, sembrando troppo impegnativo, metterà in risalto il delirio - o l'illusione - di cui sono preda. Il regalo d'amore è solenne; trascinato dall'insaziabile metonimia che disciplina la vita immaginaria, io mi traspongo tutt'intero in esso.
Il regalo è contatto, sensualità: tu stai per toccare ciò che io ho toccato: una terza pelle ci unisce.
Non potendo donare niente, io dedico la dedica, nella quale si condensa tutto ciò che ho da dire.
À la très chere, à la très belle,
qui remplit mon cœur de clarté
à l'ange, à l'idole immortelle
(Baudelaire)
Ciò che segue la dedica ha poco a che fare con essa; l'oggetto che io dono non è più tautologico, ma interpretabile [ + ]; esso ha un senso che va molto al di là del suo indirizzo e utilizzo originale.[ *, * ]
de-realtà: sensazione di assenza, di riduzione di realtà [ * ], provata dal soggetto amoroso nei confronti del mondo.
Qualsiasi conversazione generale a cui sono obbligato ad assistere (se non a partecipare) mi strazia, mi paralizza. Mi sembra che il linguaggio che questi adottano, e da cui sono escluso, venga schernito più del dovuto da quegli altri: tutti sostengono qualcosa, contestano, trovano da ridire, si mettono in mostra.. Io vivo il mondo - l'altro mondo - come un'isteria generalizzata.
Il mio sguardo è implacabile come quello d'un morto; non rido di niente, neanche delle cose più esilaranti, e non accetto nessun ammicco; sono tagliato fuori da qualsiasi "traffico associativo" [ Freud ]
Talvolta il mondo mi appare irreale (io lo esprimo in un modo diverso), talaltra mi appare de-reale (io lo esprimo con difficoltà); nel primo caso, il rifiuto che oppongo alla realtà si estrinseca attraverso una fantasia; nel secondo vi è una perdita di contatto con il reale [ * ], ma nessuna sostituzione immaginaria viene a compensare la perdita: tutto è cristallizzato, pietrificato, immutabile, cioè insostituibile.
This can't be real
(New order, Someone like you)
dichiarazione: propensione del soggetto amoroso a intrattenere a lungo, con un'emozione contenuta, l'essere amato, a proposito del suo amore, di lui, di sé, di loro: la dichiarazione non verte sulla confessione dell'amore, ma sulla forma, commentata all'infinito, della relazione amorosa.
Il linguaggio è una pelle: io sfrego il mio linguaggio contro l'altro, e il mio linguaggio freme di desiderio. Il turbamento nasce da un duplice contatto: da una parte, tutta un'attività del discorso assume con discrezione, indirettamente, un significato unico, che è "io ti desidero", e lo libera, lo alimenta, lo ramifica, lo fa esplodere; dall'altra, avvolgo l'altro nelle parole, lo blandisco, lo sfioro, alimento questo sfioramento, mi prodigo per far durare il commento al quale sottopongo la relazione.
dipendenza: figura nella quale l'opinione intravede la condizione stessa del soggetto amoroso, asservito all'oggetto amato
Se io accetto la mia dipendenza, è perché essa costituisce per me un mezzo per significare la mia domanda: nel campo amoroso, la futilità non è una "debolezza", né una "meschinità": essa è un segno di forza: più la cosa è futile, più ha significato e più s'impone come forza.
disagio: scena a più persone, nella quale l'implicito del rapporto amoroso agisce come una coartazione e suscita un imbarazzo collettivo che non viene esternato.
Ciò che pesa, è il sapere silenzioso: io so che tu sai che io so [ ma gli altri no ]: questa è la formula generale dell'imbarazzo, pudore bianco, raggelato, che per insegna ha l'insignificanza dei discorsi; il non-detto come simbolo del cosciente.
Tutto è pieno zeppo di significati: io li leggo, li seguo in tutta la loro finezza; osservo, decifro, mi gusto un testo che sprizza leggibilità per il fatto stesso che non si esterna. Non faccio che vedere ciò che si parla da sé, come al cinema muto. Si verifica in me una sorta di fascinazione vigile: la mia attenzione è rivolta alla scena e tuttavia sono molto sveglio [ cosciente e metacosciente, su più livelli ]: la mia attenzione fa parte di ciò che sta avvenendo, la scena è priva di un'esteriorità e tuttavia io la leggo: non vi è la ribalta, è un teatro estremo.
dramma: il soggetto amoroso non può scrivere egli stesso il suo romanzo d'amore.
L'innamoramento è un dramma, se si vuole rendere a questa parola il significato arcaico che Nietzsche le dà: "il dramma antico aveva di mira delle grandi scene declamatorie, e ciò escludeva l'azione (questa aveva luogo prima o dietro la scena)"; allo stesso modo il rapimento amoroso, momento puramente ipnotico, ha luogo anteriormente al discorso e dietro il proscenio della coscienza.
esilio: decidendo di rinunziare allo stato amoroso, il soggetto si vede con tristezza esiliato dal proprio Immaginario.
Nel lutto reale, è la "prova di realtà" a mostrarmi che l'oggetto amato ha cessato di esistere. Nel lutto amoroso, l'oggetto non è né morto né lontano. Sono io a decidere che la sua immagine deve morire [ ?? impossibile, * ] (e questa morte, io potrò addirittura arrivare a nascondergliela). Per tutto il tempo che durerà questo strano lutto, dovrò portare il peso di due infelicità fra loro contrarie: soffrire per il fatto che l'altro sia presente (e che continui, suo malgrado, a farmi del male) e affliggermi per il fatto che egli sia morto (se non altro, che sia morto quello che io amavo).
Non posso neppure investire la mia infelicità, come quando soffrivo per il fatto di essere innamorato. Allora, io desideravo, sognavo, lottavo; un bene prezioso era dinanzi a me, semplicemente ritardato, il suo possesso era ostacolato da alcuni contrattempi. Adesso non c'è più niente, tutto è calmo, e questo è peggio. Sebbene sia giustificato da un'economia - l'immagine muore affinché io viva - il lutto amoroso ha sempre uno strascico: una frase viene ripetuta in continuazione: "che peccato!".
fading: prova dolorosa con la quale l'essere amato sembra sottrarsi a qualsiasi contatto, senza neppure rivolgere questa indifferenza enigmatica contro il soggetto amoroso o pronunziarla a beneficio di chiunque altro, sia questo il mondo o un rivale.
fastidio: sentimento di moderata gelosia che coglie il soggetto amoroso quando vede che l'interesse dell'essere amato è catturato e distolto da persone, oggetti o azioni che ai suoi occhi agiscono come altrettanti rivali secondari.
È fastidioso tutto ciò che cancella fugacemente la relazione duale, tutto ciò che altera la complicità e allenta il legame di appartenenza: "tu appartieni anche a me", dice il mondo.
feel: sensazione di comunione spirituale con l'essere amato, di vicinanza fisica, di telh-paqoV, che annulla la dimensione fisica dello spazio.
I feel you
Your sun it shines
I feel you
Within my mind
I feel you
Each move you make
I feel you
Each breath you take
(DM, I feel you)
But you're beautiful
And you're real
Are you beautiful?
Are you real?
And my body begins where your memory ends
(Swans, Telepathy)
gelosia: sentimento che nasce nell'amore e che è cagionato dal timore che la persona amata preferisca qualcun altro.
La mia tristezza era veramente senza limiti. Dovetti andarmene.
(Hölderlin)[ * ]
The worst kind
Of diseased mind
Is one filled with jealousy
(DM, It doesn't matter)
insopportabile: la coscienza di un accumulo delle sofferenze amorose trova sfogo con questa frase: "così non può continuare".
Un aspetto caratteristico della situazione amorosa è quello di essere subito intollerabile, non appena è passato il momento dell'attonimento del primo incontro. Vi è un demone che nega il tempo, la maturazione, la dialettica e che a ogni istante dice: così non può andare avanti! - Eppure la cosa va avanti, se non per sempre, almeno per molto tempo. La pazienza amorosa prende dunque le mosse dal proprio disconoscimento: essa non scaturisce né da un'attesa, né da una padronanza di sé, né da un bluff e nemmeno da un coraggio; essa è un'infelicità che, in proporzione alla sua intensità, non si consuma; la pazienza di un'impazienza.
io-ti-amo: la figura non si riferisce alla dichiarazione d'amore, alla confessione, bensì al reiterato proferimento del grido d'amore.
Il soggetto e l'oggetto formano un tutt'unico con la parola che viene proferita, e l'io-ti-amo va inteso (e qui letto) all'ungherese che, in una sola parola, suona szertlek [ °, ° ], come se l'italiano fosse una lingua agglutinante.
Posso dire per giorni interi io-ti-amo, senza forse mai poter passare a "io l'amo": sono restio a far passare l'altro per una sintassi, una predicazione, un linguaggio (l'unico assunto dell'io-ti-amo è di apostrofarlo, di dargli l'espansione di un nome: Arianna, io ti amo, dice Dioniso [ Nietzsche ])
All'io-ti-amo vengono date risposte mondane di diverso genere: "io no", "non ci credo", "perché dirlo?", ecc. Ma il vero respingimento è: "non c'è risposta": io vengo annullato in modo più sicuro se sono respinto non solo come soggetto domandante, ma anche come soggetto parlante; è il mio linguaggio, ultimo appiglio della mia esistenza, che viene negato, non la mia domanda; per la mia domanda, posso aspettare, rinnovarla, formularla in altro modo; ma se vengo privato del potere di domandare, io sono come morto per sempre.
In definitiva, cosa dobbiamo pensare della sofferenza? come dobbiamo valutarla? la sofferenza deve per forza stare dalla parte del male? la sofferenza d'amore non è forse soltanto la conseguenza d'un trattamento reattivo, svilente? è possibile, rovesciando la valutazione, immaginare una visione tragica della sofferenza d'amore, un'affermazione tragica dell'io-ti-amo? [ Nietzsche ] e se l'innamorato fosse ricollocato sotto il segno dell'Attivo?
Con questo, si apre una nuova visione dell'io-ti-amo. Non è un sintomo, è un'azione. Io pronunzio affinché tu risponda, e la forma della risposta assumerà un valore effettivo, come nel caso d'una formula. Non basta quindi che l'altro mi risponda servendosi di un semplice significato, anche se questo è positivo ("anch'io"): bisogna che il soggetto interpellato accetti di formulare l'io-ti-amo che gli porgo
Colui che non dice io-ti-amo è condannato a emettere i segni multiformi, indefiniti, dubitativi, avari dell'amore, i suoi indizi, le sue "prove": gesti, sguardi, sospiri, allusioni, ellissi: egli deve lasciarsi interpretare. [ ma è possibile dirlo quando non si è riamati? io credo di no; ]
languore: intangibile condizione del desiderio amoroso, provato nella sua carenza, al di fuori di ogni voler-cogliere.
Nel languore, io non faccio che aspettare: "non finivo di desiderarti". (Il desiderio è ovunque; ma, nello stato amoroso, esso diventa questa cosa specialissima: il languore).
e tu mio altro senti un po' quando ti deciderai a rispondermi ho nostalgia di te ho voglia di te sogno di te per te contro te rispondimi il tuo nome è un profumo diffuso il tuo colore spicca tra le spine fa' che il mio cuore si riabbia con del vino fresco fammi una coperta di mattino io sto soffocando sotto questa maschera pelle drenata livellata niente esiste a parte il desiderio
(Sollers, Paradis)
lettera:la figura prende in esame la particolare dialettica della lettera d'amore, che è insieme vuota (codificata) ed espressiva (piena della voglia di esprimere il desiderio).
Per l'innamorato, la lettera non ha alcun valore tattico: essa è puramente espressiva - a rigore, adulatoria (ma qui l'adulazione non è interessata: non è altro che l'espressione della devozione; quello che io intraprendo con l'altro è una relazione, non una corrispondenza [ entrambi i termini hanno un preciso significato in campo matematico, che ne chiarisce il senso anche in questo contesto ]
Essendo desiderio, la lettera d'amore attende la sua risposta; essa ingiunge implicitamente all'altro di rispondere; se questo non avviene, la sua immagine si altera, diventa altra.
Chi accettasse le "ingiustizie" della comunicazione, chi continuasse a parlare con leggerezza, con tenerezza, senza che gli si risponda, acquisterebbe una grande padronanza: quella della Madre. [ Freud ]
loquela: questo termine, desunto da Ignazio di Loyola, designa il flusso di parole attraverso cui il soggetto argomenta instancabilmente nella sua testa gli effetti di una ferita d'amore o le conseguenze di un comportamento.
Nell'istante in cui, casualmente, prende corpo in me una frase "riuscita" (nella quale io credo di scoprire l'esatta espressione di una verità), questa frase diventa una formula che io ripeto in proporzione al grado di acquietamento che essa mi dà. Io avvolgo, dipano, tramo il dossier amoroso e poi ricomincio da capo.
Spesso, il bambino autistico osserva le proprie dita che stanno manipolando degli oggetti (ma non guarda gli oggetti): questo è il twiddling. [ Bettelheim, La fortezza vuota ] Il twiddling non è un gioco, ma una manipolazione rituale, contrassegnata da un certo numero di aspetti stereotipati e compulsivi. La stessa cosa avviene per l'innamorato in preda alla loquela: egli manipola la sua ferita d'amore.
magia: nella vita del soggetto amoroso, non importa a quale cultura esso appartenga, non mancano mai le consultazioni magiche, i piccoli riti segreti e le azioni votive.
Per poter interrogare il destino, c'è bisogno di una domanda alternativa (mi amerà / non mi amerà), di un oggetto suscettibile di una modificazione anche semplice, e di una forza estrinseca (divinità, caso, vento) che contrassegni uno dei poli della modificazione. Io faccio sempre la stessa domanda (sarò amato?) e questa domanda è alternativa: o tutto o niente; non riesco a concepire che le cose si evolvano, che siano sottratte all'opportunità del desiderio.
male: "star male" è un sentimento composto: il soggetto amoroso è stanco [ + ], sente un bisogno di tenerezza [ + ], è concentrato sull'io-ti-amo [ + ] e allo stesso tempo si chiede perché [ + ] non è amato.
mostruoso: il soggetto si rende improvvisamente conto di stare soffocando l'oggetto amato chiudendolo in una rete di soprusi: di colpo, da individuo sventurato che desta compassione, egli si sente diventare un essere mostruoso. [ ok; questo è l'"egoismo" ]
L'amante si rende odioso (a causa della sua insopportabilità) agli occhi dell'amato. Segue l'elenco delle cose che dànno fastidio: l'amante non può sopportare che, di fronte all'amato, altri siano superiori o pari a lui, e perciò si dà da fare per sminuire i meriti dei suoi rivali; tiene l'amato lontano da altre compagnie; comportandosi scaltramente in modo irriguardoso, s'ingegna a tenerlo nell'ignoranza, di modo che l'amato non abbia occhi che per lui, ecc.
Il discorso amoroso soffoca l'altro, il quale, schiacciato da questo dire massiccio, non trova spazio per esprimersi. Non è che io gli impedisca di parlare, ma so come far scivolare i pronomi: "io parlo e tu mi comprendi, dunque siamo" [ simile a: "possiamo parlare ancora? se mi hai risposto stiamo già parlando" ]. Talvolta [ 3-2-02 ], con terrore, prendo coscienza di questo rovesciamento: io che mi credevo puro e semplice soggetto (soggetto assoggettato: fragile, delicato, degno di compassione), m'accorgo di essere diventato un cosa ottusa, che va avanti ciecamente, che schiaccia ogni cosa sotto il peso del suo discorso; io che amo, mi rendo indesiderabile, sono messo sullo stesso piano degli importuni; quelli che dànno fastidio, che mettono a disagio, che nuocciono, che complicano, che chiedono.
mutismo: il soggetto amoroso è angosciato dal fatto che l'oggetto amato risponda parsimoniosamente, o non risponda affatto, alle parole (discorsi, lettere..) che egli gli rivolge.
La morte è essenzialmente questo: tutto ciò che è stato visto, sarà stato visto per niente. Lutto di ciò che abbiamo percepito. [ F. Wahl ] In questi brevi momenti in cui parlo per niente, è come se morissi. Giacché l'essere amato diventa una figura sigillata, un personaggio di sogno che non parla e, nei sogni, il mutismo è la morte.
nascondere: figura deliberativa: il soggetto amoroso si domanda non già se egli deve dichiarare all'essere amato il suo amore, ma in che misura deve nascondergli i "turbamenti"della sua passione: i suoi desideri, le sue angustie, in poche parole, i suoi eccessi.
L'eccesso, la follia, non sono forse la mia verità, la mia forza? e se questa verità, se questa forza, riuscisse alla lunga ad impressionare?
Ma, d'altra parte, mi dico: i segni di questa passione rischiano di soffocare l'altro. Non sarebbe perciò meglio, proprio perché lo amo, nascondergli quanto lo amo?
E tuttavia, nascondere totalmente una passione è inconcepibile: non tanto perché il soggetto umano è troppo debole, ma perché, nella sua essenza, la passione è fatta per essere vista: bisogna che il nascondere si veda.
Potenza del linguaggio: con il mio linguaggio io posso fare tutto: anche e soprattutto non dire niente. Io posso fare tutto con il mio linguaggio, ma non con il mio corpo. Ciò che riesco a nascondere con il linguaggio, il mio corpo lo dice. Posso modellare a mio piacimento il messaggio, ma non la mia voce. Qualunque cosa dica, dalla mia voce l'altro si accorgerà che "ho qualcosa". [ 11-12-01, "cos'hai?" ]
.. sicché una lunga serie di sforzi verbali (le mie "gentilezze") potranno tutt'a un tratto esplodere in una revulsione generalizzata: una crisi di pianto (per esempio) davanti agli occhi esterefatti dell'altro, vanificherà d'un sol colpo gli sforzi di un linguaggio troppo a lungo calibrato. [ 31-1-02, "..dovermi preoccupare delle tue reazioni.." ]
conoscerai alfine Fedra e tutto il suo furore
(Racine)
odio: nel mezzo di una crisi profonda, il soggetto amoroso si trova di fronte a due opposte alternative: continuare un amore disperato, irrazionale, negato, oppure rinchiudersi in sé stesso e scegliere razionalmente l'odio.
Ed ora eccomi qui, in una gabbia del canile municipale, sotto osservazione. So quello che mi aspetta: o il mondo per me si scioglie, si moltiplica, si apre, diventa di nuovo il mondo degli odori e allora tornerò a casa; oppure continua ad essere un osso, nient'altro che un osso che io, con rabbia, temo di perdere, e allora, dopo qualche giorno sarò passato alla camera a gas.
L'alternativa non mi sfugge; ma egualmente non riesco, per quanti sforzi faccia, a percepire alcun odore. Sì, il mondo è un osso; e io ci ho confitto i miei denti e morirò piuttosto che lasciarlo.
(Alberto Moravia, Gli odori e l'osso, in Una cosa è una cosa )
Now hear this my friends
I'll never be the same again
Gonna lock myself in a cold black room
Gonna shadow myself in a veil of gloom
I will function, operate
I will be a satellite of hate
(DM, Satellite)
oggetti: ogni oggetto che sia stato toccato dal corpo dell'essere amato diventa parte di questo corpo e il soggetto vi si attacca appassionatamente.
Dall'essere amato emana una forza che niente può fermare e che impregna tutto ciò che egli sfiora anche solo con lo sguardo.
Nel mondo amoroso non vi è alcun altro oggetto. È un mondo sensualmente povero, astratto, dilavato, disinvestito; il mio sguardo passa attraverso le cose senza discernere la loro seduzione; ogni sensualità mi vede morto, sono vivo solo per quella del "corpo seducente". [ 13-12-01, a M.: "guardo ma non vedo" ]
osceno: screditata dall'opinione moderna, la sentimentalità dell'amore viene recepita dal soggetto amoroso come una grave trasgressione, che lo lascia solo ed esposto; attraverso un rovesciamento di valori, ciò che oggi rende osceno l'amore è quindi proprio questa sua sentimentalità.
"Il segno distintivo dell'animo moderno non è la menzogna, ma l'innocenza, che è incarnata nel falso moralismo" [ Nietzsche ]
Rovesciamento storico: ciò che è indecente non è più la sessualità, ma la sentimentalità - censurata in nome di ciò che, in fondo, non è che un'altra morale.
Il sentimento amoroso è antiquato, ma questo essere fuori moda non può neppure essere recuperato come spettacolo: l'amore cade fuori dal tempo interessante: nessun significato storico, polemico, può essergli dato: la sua oscenità sta in questo.
pazzo: il soggetto amoroso è colto dall'idea di essere o di diventare pazzo.
I need you so bad
that I'm going insane
(Coroner, So bad)
Sono pazzo ad essere innamorato, non lo sono per il fatto di poterlo dire. Dissennato ai miei occhi (ho coscienza del mio delirio), semplicemente sconsiderato agli occhi degli altri, a cui racconto molto assennatamente la mia pazzia.
Next I asked several friends of mine
If they could spare a few minutes of their time
Their look suggested that I'd lost my mind
(DM, The meaning of love)
E tuttavia è proprio nello stato amoroso che certi soggetti pieni di buonsenso intuiscono che la follia è lì davanti, possibile, vicinissima: una follia che travolgerebbe l'amore stesso.
La mia libido è assolutamente circoscritta: non ho altra dimora all'infuori della dualità amorosa: non un solo atomo all'infuori di questo, e, quindi, non un solo atomo di gregarietà: sono pazzo non perché sia originale (grossolano espediente della conformità), ma perché sono tagliato fuori da qualsiasi forma di socialità.
perché: mentre da un lato si domanda ossessivamente perché non è amato, dall'altro il soggetto amoroso continua a credere che l'oggetto amato lo ama, solo che non glielo dice.
Esiste per me un "valore superiore": il mio amore. Io non mi dico mai: "a che pro?". Non mi chiedo mai qual è il fine.
( Nietzsche)
La verità è che non smetto mai di credere di essere amato. Io allùcino ciò che desidero.
La parola perché acquista un significato generico, che si riferisce a tutto il mondo: perché è successo questo, perché non possiamo.., perché no.., perché..
Ma è una domanda vuota, che non esprime una vera volontà di capire [ + ].
L'unica risposta sembra essere: la domanda è sbagliata, non ha senso[ +, Zen ].
Don't say you're happy
Out there without me
I know you can't be
'Cause it's no good
(DM, It's no good)
piangere: particolare propensione a piangere del soggetto amoroso: modi di apparizione delle lacrime e loro funzione nel soggetto in questione.
Quella di lasciarsi andare a piangere è forse una peculiare predisposizione del tipo amoroso? sottoposto all'Immaginario, l'innamorato non si cura minimamente della censura che oggi tiene l'adulto lontano dalle lacrime e attraverso cui l'uomo intende affermare la sua virilità.
Chi scriverà la storia delle lacrime? In quali società, in quali epoche si è pianto? Da quando gli uomini (e non le donne) hanno smesso di piangere? Perché a un certo punto la "sensibilità" è tornata ad essere "sensibileria"? Le immagini della virilità sono mutevoli: i Greci, la gente del XVII secolo piangevano molto a teatro...
Piangendo, voglio impressionare qualcuno, fare pressione su di lui ("guarda che cosa hai fatto di me"). Questo qualcuno potrebbe essere - ed è quasi sempre - l'altro, che si vuole costringere in questo modo ad assumere apertamente la sua commiserazione o la sua insensibilità; ma potrei anche essere io stesso: mi faccio piangere per provare a me stesso che il mio dolore non è un'illusione: le lacrime sono dei segni, non delle espressioni.
Cosa sono mai le parole? una lacrima sola dice assai di più
(Shubert, Elogio delle lacrime)
ricordo: rimemorazione felice e/o straziante d'un oggetto, d'un gesto, d'una scena, legati all'essere amato, e caratterizzata dell'intrusione dell'imperfetto nella grammatica del discorso amoroso.
Un giorno, mi ricorderò di quella scena, mi ci perderò al passato. Al pari del primo rapimento, il quadro amoroso è composto unicamente di a posteriori: è l'anamnesiV, la quale non ritrova altro che degli aspetti insignificanti, niente affatto drammatici, come se mi ricordassi del tempo in sé e del tempo soltanto.
L'imperfetto è il tempo della fascinazione: sembra che sia vivo, mentre invece non si muove: presenza imperfetta, morte imperfetta; né oblio né resurrezione, semplicemente, l'estenuante illusione della memoria.
rimpianto: provando ad immaginarsi morto, il soggetto amoroso vede la vita dell'essere amato continuare come se niente fosse.
Dall'amore, massimo della dipendenza (io ho assolutamente bisogno dell'altro) balza fuori crudelmente la posizione opposta: nessuno ha veramente bisogno di me.
scenata: la figura prende in esame la "scenata" nel senso popolare del termine, intesa come scambio di contestazioni reciproche.
Quando due soggetti litigano [ su questioni amorose ] seguendo uno schema ordinato di repliche in vista di avere "l'ultima parola", significa che sono già "sposati": la scenata è per loro l'esercizio di un diritto, la pratica di un linguaggio di cui sono comproprietari.
Se si esclude la possibilità di circostanze estrinseche alla sua struttura, nessun partner ha il potere di contenere una scenata. Quali sarebbero i mezzi di cui potrei disporre? il silenzio? non farebbe che ravvivare il volere della scenata; io sono perciò portato a rispondere per lenire, per raddolcire. Il ragionamento? nessun ragionamento è così puro da lasciare l'altro senza parola. L'analisi della scenata? passare dalla scenata alla meta-scenata significa sempre e soltanto dare l'abbrivio a un'altra scenata. La fuga? è il segno di una defezione acquisita: la coppia è già disfatta: come l'amore, la scenata è sempre reciproca. La scenata è dunque interminabile, come il linguaggio.
Anche se irrilevante, la scenata lotta con l'irrilevanza. Non esiste partner d'una scenata che non sogni di avere l'ultima parola. Essere l'ultimo a parlare, concludere, significa dare un destino a ciò che ci si è detti, fissare il senso.
Nel Werther di Goethe, la scenata è coronata da un ricatto morale: "Mi conceda ancora una breve sosta, e tutto si metterà in ordine", dice Werther a Carlotta in tono querulo e minaccioso; e cioè: "tra poco la sbarazzerò della mia presenza": frase intrisa di piacere, dato che essa è precisamente fantasmatizzata come un'ultima replica. Solo il suicidio può dotare il soggetto della scenata dell'ultima parola veramente perentoria: con l'annuncio del suicidio Werther diventa automaticamente il più forte dei due: da ciò risulta chiaro una volta di più che soltanto la morte, o la fine dell'amore, può interrompere la scenata.
Rinunciare all'ultima replica (rifiutare la scenata) è il gesto di una morale antieroica: il maestro Zen, alla solenne domanda "Cos'è il Buddha?", per tutta risposta si sfilò un sandalo, se lo mise sopra la testa e se n'andò: impeccabile dissolvimento dell'ultima replica, padronanza della non-padronanza.
scrivere: illusioni, discussioni e impasses che nascono dal desiderio di "esprimere" il sentimento amoroso in una "creazione" (nella fattispecie di scrittura)
Due grandi miti ci hanno fatto credere che l'amore poteva, anzi doveva, sublimarsi in creazione artistica: il mito socratico (amare serve a "generare una moltitudine di belli e magnifici discorsi") e il mito romantico (io produrrò un'opera immortale scrivendo la mia passione).
Ciò che blocca la scrittura amorosa è l'illusione di espressività: come soggetto scrivente, continuo a sbagliarmi circa gli effetti del linguaggio: io non so che la parola "sofferenza" non esprime nessuna sofferenza e che quindi, adoperandola, non solo non comunico niente, ma per di più riesco a diventare fastidioso (per non dire ridicolo).
Sapere che non si scrive per l'altro, sapere che le cose che sto per scrivere non mi faranno mai amare da chi io amo, sapere che la scrittura non compensa niente, non sublima niente, che è precisamente là dove tu non sei: è l'inizio della scrittura.
segni: sia che voglia dar prova del suo amore, sia che si sforzi di decifrare se l'altro lo ama, il soggetto amoroso non ha a sua disposizione nessun sistema di segni sicuro.
Io cerco dei segni, ma di che cosa? qual è l'oggetto della mia lettura? è: sono amato? non lo sono più? lo sono ancora?
o non sarà invece che resto sospeso alla domanda (di cui aspetto instancabilmente dal volto dell'altro la risposta): che cosa valgo io?
I segni non sono delle prove, dal momento che chiunque può produrne di falsi o di ambigui. Ecco quindi che, paradossalmente, ripiego sull'onnipotenza del linguaggio: poiché niente rende sicuro il linguaggio, io farò del linguaggio la sola e ultima certezza: non crederò più all'interpretazione. Dal mio altro, accoglierò ogni parola come un segno di verità; e, quando a parlare sarò io, non metterò in dubbio che esso prenda per vero ciò che dirò. Di qui l'importanza delle dichiarazioni; io voglio incessantemente carpire all'altro la formula del suo sentimento e, da parte mia, incessantemente gli dico che lo amo; niente è lasciato alla suggestione, alla divinazione: perché una cosa sia saputa, bisogna che sia detta; ma anche, appena detta, essa è vera.
solo: la figura non fa riferimento alla solitudine umana del soggetto amoroso, ma alla sua solitudine "filosofica"; infatti, non esiste oggi un sistema superiore di pensiero che avalli l'amore-passione.
Non esiste oggi un sistema filosofico dell'amore, e i pochi sistemi circolanti ad uso dell'innamorato contemporaneo non gli dànno nessuna collocazione (o, se gliela dànno, questa è svalutata. Il discorso cristiano, se ancora esiste, lo esorta a reprimere e sublimare; il discorso psicoanalitico (il quale, se non altro, descrive il suo stato), lo invita a cancellare il suo Immaginario; il discorso marxista, dal canto suo, non dice niente. Se busso a queste porte per far riconoscere da qualcuno (non importa da chi) la mia "follia" (la mia "verità"), subito, una dopo l'altra, queste porte si chiudono; e, quando tutte sono chiuse, è come se intorno a me ci fosse un muro di linguaggio che mi seppellisce, mi opprime e mi respinge.
Paradosso: io posso essere inteso da tutti (l'amore deriva dai libri, il suo è idioma corrente), ma al tempo stesso posso essere ascoltato solo da chi ha esattamente e adesso il mio stesso linguaggio. L'innamorato, dice Alcibiade nel Simposio, è come un uomo che è stato morso da una vipera: "Dicono che chi l'ha subito non sia disposto a raccontare com'è stato se non ai compagni di sventura perché essi soli comprendono e possono scusare ciò che egli ha osato dire e fare sotto l'azione di quella sofferenza".
sprofondare: crisi di avvilimento che coglie il soggetto amoroso per disperazione o per appagamento.
Un'idea di suicidio, scevra di qualsiasi risentimento, mi si presenta
(Goethe, Werther)
Nel baratro benedetto dell'etere infinito,
nella tua anima sublime, immensa immensità,
io mi tuffo e sprofondo, oh voluttà!
(Tristano e Isotta)
stanco: il soggetto amoroso, in un momento di evidente depressione, di fronte al rifiuto, indifferenza o fading [ + ] del soggetto amato, si sente "stanco" di tutto, e ha voglia di arrendersi.
Lo sposo lascia ricadere la testa all'indietro sulla sabbia e fissa il sole. Gli occhi gli
fanno male, Come se fossero trafitti da ferro rovente, ma non lacrimano. Non ha più lacrime.
Si fa scorrere sabbia fra le dita e mormora: « Allora è così. Io mi arrendo. Sciopero. Non
ho più voglia. Sciopero ».
« Coraggio! » dice l'accompagnatore, ma lo dice senza premura. « Guardi, là è la porta, sono
solo un paio di passi. »
L'uomo continua a farsi scorrere la sabbia fra le dita. L'accompagnatore lo tira su e lo regge
tenendolo a braccia distese, tanto è diventato leggero. Le sue gambe penzolano in aria come
quelle di un pupazzo.
« Non ci vedo più », mormora, « non ho più occhi. » « E la sua sposa? » domanda l'altro.
« Non so più niente. Non capisco più niente. Non voglio più niente. Non ho una sposa. Non
ne ho mai avuta una, e mai ho desiderato di averne. Non ho mai amato. Non sono mai esistito.
Per favore, mi lasci in pace. »
(Michael Ende, É una stanza e contemporaneamente un deserto, in Lo specchio nello specchio)
suicidio: nella sfera amorosa, il desiderio di suicidio è frequente: basta un niente per destarlo.
È un'idea semplice, facile, una sorta di algebra sbrigativa di cui ho bisogno in quel preciso momento del mio discorso; io non le do alcuna consistenza materiale, non penso all'opprimente scenario, alle triviali conseguenze della morte: so a malapena come mi suiciderò. Quello che cupamente vagheggio è una frase, soltanto una frase, ma dalla quale basta un niente a distogliermi.
L'idea di suicidio nasce da questa domanda: come andrà avanti, adesso, la mia vita? continuerò a piangere per sempre? a cosa serve aspettare tanti anni, per poi morire? non è meglio farlo subito?
Thinking about suicide stems from this question: how will my life go on now? Will I cry on and on forever? what's the meaning in waiting so many years, and then die? isn't better to do it just now?
is it really worth
to live through this ache and to die at last
when you're predestined and the die is cast
(Wumpscut, down where we belong
)
Adesso capisco Cesare Pavese: non ha senso continuare a vivere se non si può avere l'amore di chi si ama.
Non ha più senso vivere perché la realtà non ha più senso [ + ]
nobody cares
(Queen, Don't try suicide)
tale: continuamente invitato a definire l'oggetto amato, e soffrendo a causa della problematicità di questa definizione, il soggetto amoroso sogna una saggezza che gli farebbe accettare l'altro così com'è, esente da ogni aggettivo [ + ].
Amo l'altro non per le sue qualità, ma per la sua esistenza; con un impulso che possiamo tranquillamente dire mistico, io amo non ciò che è, ma in quanto è
Tale non è per caso l'amico? colui che si può allontanare un po' senza che la sua immagine si guasti?
Eravamo amici e ci siamo diventati estranei. Ma è giusto così e non vogliamo dissimularci e mettere in ombra questo come se dovessimo vergognarcene. Noi siamo due navi, ognuna delle quali ha la sua meta e la sua strada; possiamo benissimo incrociarci e celebrare una festa tra di noi, come abbiamo fatto: allora i due bravi vascelli se ne stavano così placidamente all'ancora in uno stesso porto e sotto uno stesso sole, che avevano tutta l'aria di essere già alla meta, una meta che era stata la stessa per tutti e due. Ma proprio allora l'onnipossente violenza del nostro compito ci spinse di nuovo l'uno lontano dall'altro, in diversi mari e zone di sole e forse non ci rivedremo mai - forse potrà anche darsi che ci si veda, ma senza riconoscerci: i diversi mari e soli ci hanno mutati.
(Nietzsche, Amicizia stellare, in La gaia scienza)
tenerezza: fruizione, ma anche inquieta valutazione dei gesti di tenerezza dell'oggetto amato, nella misura in cui il soggetto comprende che egli non ne ha il privilegio assoluto.
Non è solo bisogno di tenerezza, ma anche bisogno di essere tenero con l'altro: noi ci rinchiudiamo in una bontà vicendevole, ci maternizziamo reciprocamente; risaliamo alla radice di ogni relazione, là dove bisogno e desiderio si congiungono. Il gesto tenero dice: chiedimi qualunque cosa che possa sopire il tuo corpo, però non ti dimenticare che io ti desidero un po', leggermente, senza voler immediatamente ghermire alcunché.
Oh I need your tenderness
Oh I need your touch
Oh I dream of one caress
Oh I pray too much
(DM, When the body speaks)
I want somebody
Who will put their arms around me
And kiss me tenderly
(DM, Somebody)
unione: sogno di unione totale con l'essere amato.
Sulle steli di Atene, in luogo dell'eroicizzazione del morto, scene d'addio in cui, mano nella mano, uno dei due sposi prende congedo dall'altro, al termine di un contratto che solo una terza forza viene a rompere; ecco allora che il lutto assurge a espressione di: "senza di te io non sono più io"
(François Wahl, Chute)
I am you and you are me
(DM, I am you)
I'm hanging on your words
living on your breath
feeling with your skin
(DM, In your room)
vagare: benché ogni amore sia vissuto come unico e benché si respinga l'idea di ripeterlo altrove e in futuro, a volte il soggetto coglie dentro di sé una specie di diffusione del desiderio amoroso; e pensa allora di essere destinato a vagare da un amore all'altro fino alla morte.
Come finisce un amore? Può finire un amore? nessuno, salvo gli altri, lo sa mai; una specie di innocenza nasconde la fine di questa cosa concepita, propugnata e vissuta come eterna. Qualunque sia la fine dell'oggetto amato, sia che esso scompaia o passi nella sfera dell'Amicizia, io non lo vedo neanche svanire: l'amore che è finito si allontana verso un altro mondo come un'astronave che cessa di mandare segnali: l'essere amato che prima segnalava chiassosamente la sua presenza, diventa tutt'a un tratto muto [ insignificante ] (l'altro non scompare mai come e quando ci si aspetta).
Parlando della Fenice, non si dice che essa muore, ma solamente che rinasce; posso io dunque rinascere senza morire?
Ci si può innamorare più di una volta nella vita? come si può dire di nuovo a una persona che è lei, che è unica, quando lo si è già detto una volta?
verità: ogni episodio di linguaggio riferito alla "sensazione di verità" che il soggetto amoroso prova pensando al suo amore, sia che creda di essere il solo a vedere l'oggetto amato "nella sua verità", sia che definisca la specialità della sua propria esigenza come una verità su cui non può transigere.
L'altro è il mio bene e il mio sapere: solo io lo conosco, solo io lo faccio esistere nella sua verità. chiunque non sia me lo misconosce.
Talora non riesco comprendere come sia possibile che un altro l'ami, che a un altro sia lecito amarla mentre io l'amo così interamente, così fervidamente, e non conosco, non so, non ho null'altro che lei!
(Goethe, Werther)
Viceversa, l'altro mi cala nella verità, nella realtà: solo con l'altro io mi sento "me stesso". Su me stesso, io ne so più di tutti quelli che di me ignorano anche solo questo: che sono innamorato.
"L'amore accieca": questo proverbio è falso. L'amore spalanca gli occhi, rende chiaroveggenti. [ * ]
Non è la verità ad essere vera, è il rapporto con l'illusione che diventa vero. Per essere nel vero, è sufficiente che io mi fissi su una cosa: se un'"illusione" viene riaffermata all'infinito, a dispetto di tutto, quell'illusione diventa verità.
vie-d'uscita: sogni di soluzioni di qualsiasi genere che, nonostante il loro carattere spesso catastrofico, dànno al soggetto amoroso una pace momentanea.
Idea di suicidio; idea di separazione; idea di ritiro solitario; idea di viaggio; idea di oblazione, ecc; posso immaginare varie soluzioni alla crisi amorosa e difatti non faccio che pensare a questo. Eppure, per quanto alienato sia, non ho difficoltà a cogliere, attraverso queste idee ricorrenti, una figura unica, vuota, che è quella della via di scampo.
Si mette così in luce ancora una volta la natura linguistica del sentimento amoroso: ogni soluzione viene inesorabilmente rinviata alla sua idea; di modo che alla fine, essendo linguaggio, l'idea di soluzione si conforma alla preclusione di ogni via d'uscita: il discorso amoroso è in un certo senso uno sbarramento delle vie-d'uscita.
Immaginando una soluzione estrema, immagino, "dipingo" ancora una possibile via-d'uscita.
Ma è nella natura del delirio amoroso il fatto di passare, di scemare da solo, nessuno e niente potrebbe mai porvi fine.
voler-prendere: comprendendo che le difficoltà della relazione amorosa derivano dal fatto che egli vuole continuamente appropriarsi in un modo o nell'altro dell'essere amato, il soggetto decide di abbandonare per il futuro ogni "voler-prendere" che riguardi l'altro.
Il non-voler-prendere è un succedaneo rovesciato del suicidio. Non uccidersi per amore vuol dire: prendere la decisione di non appropriarsi dell'altro. È esattamente ciò che accade con Werther: nel momento in cui s'uccide, egli avrebbe potuto rinunziare a Carlotta: la scelta è tra questo e la morte; è quindi un momento solenne.
E se il non-voler-prendere fosse una mossa tattica? se io volessi pur sempre, pur segretamente, conquistare l'altro fingendo di rinunciare a lui? se mi allontanassi per appropriarmene meglio?
Il non-voler-prendere resta quindi irrigato di desiderio da questa mossa rischiosa: l'io-ti-amo è nella mia testa, ma imprigionato dietro le mie labbra. Non proferisco. Dico silenziosamente a chi non è più o non è ancora l'altro: mi trattengo dall'amarti.
wrong: in un momento di crisi, di disperazione, il soggetto amoroso si chiede se mai riuscirà a raggiungere l'essere amato, e se non è lui stesso il vero problema, lui stesso ad essere "sbagliato".
Wrong, all that I see
Something inside denies
Wrong, all that I feel
Something inside me cries
(Anacrusis,
λ
Wrong,
mp3)
indice dei lemmi
abbraccio abito adorabile affermazione alterazione amore ascesi assenza atopoV attesa capire catastrofe colpa compassione comportamento contatto cuore deadlock dedica dichiarazione dipendenza disagio dramma esilio fading fastidio feel gelosia insopportabile io-ti-amo languore lettera loquela magia male mostruoso mutismo nascondere odio oggetti osceno pazzo perché piangere ricordo rimpianto scenata scrivere segni solo sprofondare stanco suicidio tale tenerezza unione vagare verità vie-d'uscita voler-prendere wrongSapere che non si scrive per l'altro, sapere che le cose che sto per scrivere non mi faranno mai amare da chi io amo, sapere che la scrittura non compensa niente, non sublima niente, che è precisamente là dove tu non sei: è l'inizio della scrittura.
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